La valorizzazione non può prescindere dal metodo scientifico-pratico


 

La Pro Olio San Lupo ha tra gli obiettivi la valorizzazione dell'olio (e non solo) e nel codice etico suggerisce alcune pratiche per raggiungerla. Valorizzare l'olivicoltura significa salvare l'olivicoltura, l'economia locale, il territorio dall'abbandono. 


Il concetto è semplice ma i passaggi da seguire sono un pò più articolati e dai riscontri non sempre immediati. 

Questo è il motivo per il quale senza la conoscenza si brancola nel buio e non si progredisce. 

Quindi essenziale è l'approccio alle attività agro-produttive, un approccio che deve essere sciente e cosciente, certamente non basato sui luoghi comuni. 


Il "si è fatto sempre così" o "a me così piace" non funziona. Lo dicono i risultati. Bisogna cambiare approccio, liberarsi dalle manie di grandezza. Evolversi non è avere il trattore più potente o la motosega migliore. Evolversi è capire. E' capire anche come consumare meno energie, faticare di meno ma in sintonia con le piante e con il suolo, lasciare che anche loro facciano il lavoro che in fondo "desiderano" fare, cioè produrre. 


Non dobbiamo essere avventati ma curiosi, essere o diventare curiosi, dedicare del tempo all'approfondimento. Usare la logica nel traslare le nozioni nella pratica. 


Se abbiamo qualcosa, in questo caso l'olio, che deve essere valorizzato significa che non ha ancora il valore che merita quindi dobbiamo fare noi qualcosa in più, dobbiamo migliorare alcune procedure. Certamente non si migliora con i "si è fatto sempre così" o "a me così piace" ma bisogna mettersi in discussione, studiare, capire. La valorizzazione non può prescindere da un cambio di approccio. Dicevano i latini "errare humanum est, perseverare autem diabolicum" e noi non dobbiamo perseverare negli errori.


Alcuni studi, ricerche e soprattutto indiscussi e qualificati esperti confermano che gli intenti della Pro Olio sono fondati.


Un approfondimento sull'olivicoltura, breve ma intenso nei contenuti, si è tenuto il 7 marzo a Bari durante la 6° edizione di EnoliExpo. Ne riassumo di seguito gli interventi.



Nel metodo scientifico-pratico la salvezza dell’Olivicoltura nazionale


La coltivazione dell'olivo rappresenta la prima coltura in Italia con 1.200.000 ettari (seconda è la vite con 600.000 ettari), un patrimonio immenso. 


Per far si che questo enorme valore si materializzi con risultati tangibili serve operare senza fare danni, con concetti scientifici e non casuali, la formazione deve essere continua.


Spunto tratto dall'intervento di Antonino Filippo Lonobile, vicepresidente Scuola Potatura Olivo Giorgio Pannelli





Capitozzature, "si è fatto sempre così" non è vero! Qualche centenario ancora vivente potrebbe raccontarlo perchè minimo, minimo, non esistendo le motoseghe non si maltrattavano le piante con la stessa incisività di oggi.


L'olivicoltura italiana ha una tradizione scientifica che risale agli ultimi decenni del 1800. Il primo arboricoltore mondiale della storia, il Prof. Luigi Savastano, aveva deciso di lasciare le cime sugli alberi. Il Prof. Alfredo Roventini diceva che l'acefalia dell'olivo deve scomparire. Grazie ai diversi studiosi/ricercatori italiani di olivicoltura la funzione delle cime era ben conosciuta nei primi anni del 1900. 


Un poco anche in conseguenza dell'evoluzione delle macchine/attrezzature la ricerca è stata soppiantata, lo studio accantonato e vediamo come più del passato è diffusa la capitozzatura, che non esige applicazione e studio


L'agricoltura è libera, è di tutti e questo vantaggio purtroppo è diventato uno svantaggio. Tutti gli altri settori economico-lavorativi richiedono sempre maggiori conoscenze, titoli di studio nei curriculum. Nell'agricoltura non serve, è il caso di dire: purtroppo!


Oggi i capi azienda in olivicoltura (gli agricoltori) hanno una bassa scolarizzazione. Il 52% possiede dalla licenza media in giù, il 39% a titoli diversi dai titoli di tipo agrario, il 9% a titoli di tipo agrario, di quel 9% soltanto l'1,5% è laureato. Questo lo si paga con i deludenti risultati in termini di valore. Serve ridare dignità al territorio, all'olivo e alle persone che se ne prendono cura. Serve un metodo scientifico-pratico. Serve studiare.


Spunto tratto dall'intervento di Antonino Filippo Lonobile, vicepresidente Scuola Potatura Olivo Giorgio Pannelli





Non solo serve maggior attenzione alle piante coltivate, serve una intelligente gestione anche delle altre specie arboree e del suolo. Tutti alleati tra loro e alleati nostri, non nostri avversari da segregare.


Come non vanno capitozzate le piante così non va maltrattata la flora spontanea e non va massacrato il suolo. 


Lavorazioni continue ed incisive che compattano il suolo, spesso con mezzi pesantissimi, ma anche i diserbanti sono un'inutile spreco di risorse che oltretutto ci danneggia. Oltre ad avere un costo economico diretto, legato alle lavorazioni, comporta anche maggiori costi per i maggiori apporti chimici che siamo costretti a dare nel tentativo di sopperire alla mancanza di sostanza organica, senza tuttavia ristabilire l'equilibrio di un sistema che è diventato ormai troppo fragile.


Le piante nutrono il suolo che le ospita, forniscono al terreno tramite le radici una parte del carbonio liquido che producono con la fotosintesi per reclutare microrganismi, batteri e funghi, i quali a loro volta regalano sostanze nutritive alla pianta. Questa simbiosi, che si materializza con una infinita rete fatta di radici di specie diverse e microrganismi, in 500 milioni di anni ha reso fertili i nostri terreni. 


Per non perdere questo patrimonio serve una biodiversità di flora spontanea che a sua volta crea la biodiversità microbiologica.


Bisogna entrare nell'ottica che le piante non sottraggono nutrimento al suolo ma forniscono nutrimento al suolo. 


Una migliore gestione del suolo migliora la chioma e quindi i frutti e le loro caratteristiche. Un'oliva migliore ci dà un olio migliore a livello di polifenoli, clorofille, carotenoidi e di tutte quelle caratteristiche che lo rendono un alimento speciale.  


Siamo fatti di ciò che mangiamo e ciò che mangiamo è fatto anche di suolo quindi noi stessi siamo fatti anche di suolo perciò converrebbe davvero impegnarci per imparare a prendercene cura. 


Spunto tratto dall'intervento di Raffaele Antonello, formatore Scuola Potatura Olivo Giorgio Pannelli 





Negli ultimi decenni si è persa l'abitudine di prendersi sincera cura di quella che rimane la coltura più diffusa in Italia, l'olivicoltura, depotenziandola ed impoverendola. 


Ridare dignità all'olivicoltura, alla sua gestione, può avere un importante ruolo sociale ed economico per dare un futuro alle nostre comunità. 


Saper promuovere l'olio extravergine d'oliva di qualità attraverso le sue caratteristiche (fruttato, amaro e piccante) è un passaggio fondamentale come fondamentale è riprendere la produttività degli oliveti senza il quale non si può disporre dello stesso olio. 


Per recuperare la produttività occorre un approccio scientifico-pratico. 


Essenziale capire che le piante sono esseri sensibili ed intelligenti i cui organi più sensibili sono gli apici vegetativi naturali e gli apici radicali naturali che scambiano informazioni tra di loro per decidere come e quanto crescere. 


Non vanno praticate acefalie e capitozzature in quanto alterano gli equilibri costringendo le piante a consumare energie nel tentativo di ritrovare quell'equilibrio che le possa consentire di dedicarsi alla produzione. 


Siccome l'olivo cicatrizza con il cono di cicatrizzazione le ripetute acefalie e capitozzature ci restituiscono una pianta con tanto legno secco all'interno, ostacolo alla naturale circolazione della linfa con ripercussioni sulla produzione. 


L'olivo va trattato come un alleato e non come un avversario, l'olivo vive per fare i semi e quindi vuole la stessa cosa che vogliamo noi. Non c'è quindi motivo di maltrattarlo.


Spunto tratto dall'intervento di Giorgio Pannelli, divulgatore scientifico in Olivicoltura 





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